Dalla versione web del dizionario Treccani si apprende che il termine soft power, in italiano si potrebbe tradurre in potere gentile, è “espressione coniata negli anni Novanta del 20° sec. dallo scienziato politico statunitense Joseph Nye per definire l’abilità nella creazione del consenso attraverso la persuasione e non la coercizione. Il potenziale d’attrazione di una nazione, infatti, non è rappresentato esclusivamente dalla sua forza economica e militare, ma si alimenta attraverso la diffusione della propria cultura e dei valori storici fondativi di riferimento”.
Definizione che si adatta perfettamente al Paese Italia che ha molti strumenti di soft power in tema culturale e di valori storici e fondativi.
Tra questi, va da sé, il vino riveste un ruolo più che importante, diremo strategico che, però, non sempre viene sfruttato a dovere.
Certo ci sono molte missioni all’estero e tuttavia la sensazione è che il Piemonte del vino tenda a dividersi per compartimenti stagni quando si tratta di promuoversi.
Ogni zona pare porti avanti programmi propri, senza sinergie con altre aree vinicole attigue geograficamente o omogenee dal punto di vista commerciale.
Un ennesimo richiamo alla necessità che il mondo del vino piemontese parli con un’unica voce e porti avanti iniziative comuni è arrivato, qualche settimana fa, nel convegno sul 60° della legge sulle DOC che ha chiuso l’edizione 2023 della Douja d’Or di Asti.
Lo ha lanciato Francesco Monchiero, presidente di Piemonte Land of Wine, il super Consorzio che raggruppa tutti gli enti consortili piemontesi.
Monchiero ha ribadito la necessità che il Piemonte del vino si promuova con sinergie unitarie, nel rispetto delle individualità, attraverso Piemonte Land. E in questo senso altre fonti parlano chiaramente di un nuovo spirito che animerebbe il “parlamentino” del vino made in Piemonte. Speriamo.
Intanto nell’ultimo fine settimana, ad Acqui Terme e a Canelli, si sono svolti forum e convegni che, in qualche modo, hanno sottolineato l’importanza di “fare squadra” – immagine abusatissima da almeno trent’anni, ma sempre valida – e che si operi insieme per raccogliere e vincere sfide importanti.
Quali? Ad Acqui, in apertura della manifestazione Acqui Wine Days (22-24 settembre), si è parlato di enoturismo con esperti che hanno indicato chiaramente proiezioni di performance turistiche più che lusinghiere per l’Italia e il Piemonte a patto che ci siano strategia e programmazioni comuni che coin volgano non solo il vino, ma anche altri settori agroturistici e anche culturali e storici e ambientali. Insomma un’azione corale. E si sa quanto non sia facile applicare questa strategia nell’Italia del Comuni e nel Piemonte dei campanili e degli orticelli, politici e non.
«Concetti obsoleti che devono essere messi da parte. Altrimenti si fa flop» è stato detto in soldoni al convegno di Acqui.
A Canelli, per l’inaugurazione della rassegna “Canelli, città del vino” (23-24 settembre), si è parlato di sostenibilità delle città rurali, dell’associazione Città del Vino e della nuova docg Canelli che va ad arricchire il patrimonio di vini a denominazione del Piemonte. Anche in questo caso non sono mancati i richiami a unità di intenti. Chissà.
Ora la palla passa ai piemontesi e a coloro che hanno le redini di Istituzioni pubbliche e private, Consorzi, associazioni di categoria, imprenditori e, perché no, anche vignaioli.
Il soft power/potere gentile del vino è disponibile da subito e può servire a tutelare interessi e relazioni, promuovere cultura e ambiente e perfino a limitare i contraccolpi di un mercato, sia nazionale sia internazionale, che dopo i picchi del 2020 e del 2021, secondo alcuni osservatori sembra segnare il passo con contrazioni che creano timori.
Fin troppo facile dire che stracciarsi le vesti non serve. I piemontesi lo sanno. Unirsi, specialmente nei momenti non facili è sempre una buona idea. E farlo, se non per amore almeno per convenienza, porta inevitabilmente buoni frutti o, quanto meno, non danneggia.
fi.l.
Io farei meno convegni, e piu fatti sul territorio.
Perche se prendiamo ad esempio i Sori, si sono fatte tante tante tante parole, ma di fatto li stanno estirpando, perche nessuno fa niente per loro.
I Mari del Sud di Cesare pavese, quanto dureranno ancora?
Lascieranno posto ai Rovi?