Si è finito con il “gioco” di inventare un nuovo nome (un altro) per Piemonte Land of Wine (già Piemonte Land of Perfection), il Consorzio che raggruppa tutti i Consorzi vitivinicoli piemontesi. Però si era cominciato ricordando Paolo Desana, il senatore casalese che, nei primi Anni Sessanta del Novecento, fu l’artefice della legge sulle doc e sulle docg vinicole italiane, poi aggiornata, negli Anni Novanta da un altro piemontese, l’astigiano Giovanni Goria, allora ministro dell’Agricoltura.
L’occasione per parlare della storia delle doc e delle docg e, un po’ a grandi linee, anche del futuro del vino piemontese, visto attraverso la lente dei Consorzi di tutela, l’ha fornita il convegno voluto da Piemonte Land of Wine, presieduto da Francesco Monchiero, che domenica scorsa, 17 settembre, ha chiuso l’edizione 2023 della Douja d’Or di Asti.
Relatori, oltre a Monchiero, il giornalista Sergio Miravalle e Andrea Desana, figlio di Paolo Desana. Ad ascoltare e interventire presidenti, vicepresidenti e rappresentanti di Consorzi e associazioni della cooperazione vinicola e del mondo camerale. Citiamo: Gian Paolo Coscia e Renato Goria (Camera di Commercio di Alessandria e Asti); Gian Paolo Repetto (Colli Tortonesi); Massimo Damonte (Roero); Luca Trombotto (Pinerolose); Vitaliano Maccario (Barbera); Stefano Ricagno (Asti e Moscato d’Asti); David Viglino (Vignaioli Piemontesi); Pierottavio Daniele (Vini Bio).
Miravalle (direttore della rivista Astigiani) e Andrea Desana hanno raccontato in sintesi l’iter delle legge sulle doc, le resistenze, i timori, le curiosità.
Da Monchiero è arrivato un forte richiamo alla consapevolezza che il Piemonte, che per i suoi vini ha scelto solo doc e docg, escludendo le IGT diffuse in altre regioni italiane, sia sempre più terra di qualità e programmazione, affrontando le sfide con la necessaria compattezza di intenti e pari dignità per tutte le denominazioni che devono operare sotto il “cappello” di un brand Piemonte che rappresenti tutta la produzione vinicola regionale.
Concetti condivisi dai rappresentanti dei Consorzi con Maccario che ha aggiunto la necessità di promuovere il consumo interno di vino in parallelo con quello rivolto all’estero, e Stefano Ricagno che ha parlato dell’utilità di una vera rivoluzione copernicana per il mondo del vino con nuove visioni, sia di promozione sia di valorizzazione, per risolvere le crisi che creano contraccolpi al comparto.
Per quanto riguarda le numerose doc piemontesi un po’ da tutti sono arrivati auspici che alcune siano accorpate. Citato il caso del Grignolino d’Asti e del Grignolino del Monferrato Casalese o quello del Dolcetto che in Piemonte conta ben 12 doc.
In conclusione quello di domenica scorsa sulla storia delle doc e docg è stata da una parte occasione per rinnovare la memoria sull’opera di Paolo Desana, che portò alla legge promulgata nel 1963 dall’allora presidente della Repubblica, Antonio Segni con ministro dell’Agricoltura Bernardo Mattarella, padre dell’attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella; dall’altra momento di confronto per il mondo dei Consorzi, della Cooperazione, dell’associazionismo dei produttori e delle Camere di Commercio che hanno potuto “guardarsi negli occhi” verificando se davvero ci siano spazi di manovra per realizzare quelle innovazioni e quel nuovo corso di cui il settore ha bisogno, specialmente in questo periodo.
Dunque se idee e progetti saranno realizzati, se il Piemonte del vino troverà un’unica via, pur lasciando ai territori la propria gestione, se ci sarà un unico marchio “Piemonte is wine” che darà voce a denominazioni piccole e grandi, blasonate, in crescita o in un momento di affanno, questo lo vedremo nei prossimi mesi.
Filippo Larganà
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