Tra i soggetti coinvolti, e non è per nulla scontato, ci sono il Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato (capofila), l’Università Cattolica Sacro Cuore di Piacenza, la Regione Piemonte, enti di ricerca e un pool di aziende vitivinicole. L’obiettivo è quello di andare a caccia delle viti vecchie, quelle piante “patriarca” in grado di custodire nel proprio DNA la resistenza innata a malattie che stanno decimando il vigneto europeo e italiano in particolare, come la Flascenza dorata, o al cambiamento climatico che sta mettendo in difficoltà i vignaioli.
Se ne è parlato in un convegno che si è svolto oggi, 20 gennaio, all’Istituto Agrario Penna di Asti. Ricercatori, agronomi, operatori del settori, viticoltori, si sono confrontati per capire quando la ricerca di queste antiche viti resistenti possano essere uno strumento per rinnovare e conservare un patrimonio piemontese di biodiversità viticola unico al mondo.
Qui le nostre interviste all’assessore regionale Marco Protopapa (Agricoltura); al presidente del Consorzio, Filippo Mobrici che è anche agronomo; e a Luigi Luigi Bavaresco dell’Università Cattolica di Piacenza.
(foto e riprese video sono di Vittorio Ubertone)
fi.l.