Forme di formaggio invendute per l’85% e latte ovino e caprino buttato o, in minima parte, venduto a bassissimo costo. In tempo di Covid -19 anche la situazione del piccolo, ma prezioso, comparto della Robiola dop di Roccaverano, formaggio cult della Langa tra Acquese e Astigiano, è drammatica. Lo racconta Fabrizio Garbarino, presidente del Consorzio di Tutela, che non risparmia allarme e preoccupazione. Dice: «L’emergenza Coronavirus ha colpito duro l’economia piemontese, ma per noi è stata una mazzata da ko. I dati che giungono dalle diciassette aziende iscritte al nostro Consorzio, ma anche da quelle che non ne fanno parte, sono drammatici. L’85% del formaggio prodotto resta invenduto. Quasi il 100% del latte munto viene buttato, solo una minima parte è venduto a prezzi minimi».
All’origine della crisi post Covid -19 la chiusura di negozi, ristoranti e dei mercatini rionali che erano i canali preferenziali di distribuzione della Robiola dop. «Questa parcellazione era la nostra forza, ora è diventata la nostra debolezza – annota Garbarino -. Paradossalmente – continua – la nostra Robiola è un prodotto di eccellenza anche se popolare. Si trova nei ristoranti stellati e delle osterie, nei negozi di alimentari, ma anche nelle gastronomie e sulle bancarelle dei mercatini di quartiere che sono stati chiusi e, invece, avrebbero dovuto essere riorganizzati, magari con ingressi controllati. In questo senso proprio non capisco le disposizioni di alcuni Comuni. Il risultato è sotto gli occhi di noi produttori: tutte le mattine accudiamo i nostri animali, produciamo latte e formaggi che forse saranno buttati o svenduti». E sul rischio speculazione Garbarino avverte: «Abbiamo messo in campo un attento monitoraggio del mercato proprio per evitare fenomeni speculativi a ulteriore danno di un formaggio che ci ha messo anni a conquistarsi fette di mercato e quotazioni dignitose».
E a proposito di mercati c’è l’apertura alla GDO, la grande distribuzione organizzata che in tempi di Covid -19 sta lavorando molto. «Ci sono contatti – dice Garbarino -. La nostra idea è di implementare i contratti già esistenti e, dove ve ne sia bisogno, di crearne di nuovi senza andare in conflitto con quelli già in essere. Non è facile. Da una parte la GDO non ha compreso le enormi potenzialità del nostro prodotto, dall’altra, forse noi non siamo stati capaci di raccontarlo nel migliore dei modi».
Poi c’è il capitolo Istituzioni. «Crediamo che ci debba essere un’azione forte. Nel 1986, quando ci fu il disastro nucleare di Chernobyl (si verificò un’esplosione in una centrale ucraina che provocò molti morti e allarme in tutto il mondo per una nube radioattiva ndr) e si parlava di latte contaminato, la Regione Piemonte ritirò il prodotto invenduto. Oggi l’emergenza non è quella nucleare, ma quella pandemica. Il risultato, tuttavia, non cambia: noi siamo in ginocchio, come allora, e chiediamo che la Regione faccia la sua parte ritirando, a prezzo concordato, l’invenduto e distribuendolo a istituzioni e categorie che ne hanno bisogno. Sarebbe un segno concreto e immediato di supporto e un aiuto per garantire il futuro della nostra filiera che non vuole e non deve sparire».
Infine l’appello ai consumatori: sul sito del Consorzio di Tutela si possono avere tutti gli estremi per il reperimento del prodotto: www.robioladiroccaverano.com
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Robiola e Covid -19. L’allarme del Consorzio: «Invenduto l’85%, latte buttato quasi al 100%. È la nostra Chernobyl. Gdo e Regione Piemonte ci aiutino»
inserito il 3 Aprile 2020Lascia un Commento
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