La crisi economica ha cambiato alta ristorazione e consumo del vino? Se ne parlerà il 14 giugno a Barolo, in Piemonte. Ma senza esperti piemontesi. Lo conferma la nota stampa inviata dagli organizzatori dell’evento intitolato “Le Stelle si incontrano a Barolo”, dove le stelle, sono gli chef, insigniti di una, due o tre stelle dalla Guida Michelin, invitati alla manifestazione
Da precisare che l’occasione per il dibattito, a cui sono stati invitati una sessantina di chef stellati del Nord Ovest d’Italia, sarà la presentazione della nuova cantina di Terre da Vino, maison vinicola in quel di Barolo, che ha affidato il restyling della propria sede all’architetto piemontese Arnaudo di Cuneo.
Detto ciò quando, però, si legge l’elenco dei relatori, ecco che si scopre che il tavolo è al 99% di non piemontesi.
A moderare l’incontro, aperto a giornalisti, operatori del settore e chef, sarà, infatti, Antonio Preziosi, direttore di Radio Rai, che è di Taranto ed è stato una delle firme di punta del giornalismo parlamentare della tv di Stato.
Gli altri interventi saranno affidati a Paolo Bonelli, professore di Economia e Gestione delle Imprese Ricettive all’Università Bicocca di Milano e titolare di Advisor (http://www.advisorhotel.org), una società privata di consulenze per strutture alberghiere e turistiche (farà mica uno spot?); Roberto Restelli, già responsabile Edizione Italiana Guida Michelin che, secondo un articolo del Corsera, ha lasciato la guida rossa per «tornare a tempo pieno agli studi di Filosofia» (farà mica uno spot?); e Enrico Cerea, patron del ristorante “Da Vittorio” di Brusaporto (BG), «uno dei più importanti ristoranti italiani» (questo, un po’. è uno spot), timoniere di un tre Stelle Michelin, come lo è il ristorante al Sorriso di Soriso in provincia di Novara e quindi in Piemonte.
Parlerà anche Alessandra Comazzi, giornalista de La Stampa, esperta di Tv e unica piemontese tra le voci ufficiali del forum, che «porterà il punto di vista del costume e società».
Conclusioni affidate ad un piemontese? Magari a rappresentanti degli esercizi commerciali o dei produttori vinicoli, così, giusto per sentire il polso della situazione? Ma per carità! C’è Eberhard Spangenberg, importatore in Germania di vino e appassionato gourmet, che certo saprà disegnare la situazione oltreconfine.
Riassumendo: una casa vinicola piemontese, produttrice di uno dei vini piemontesi più celebrati al mondo, organizza, in Piemonte, un dibattito per parlare di come va in tempo di crisi la ristorazione e il consumo di vino italiano, di cui, lo ricordiamo, il Piemonte è il maggiore produttore, e chiama, a parlarne, esperti rigorosamente non piemontesi.
Certo ognuno a casa propria si comporta come vuole. Tuttavia il nostro sospetto, sgombrando il campo da false accuse di campanilismo che potrebbero muoverci i soliti miopi provinciali travestiti da saputelli del marketing, è che anche in questo caso, come per l’ultimo sfortunato spot del Fiat Doblò dove la maggiore casa automobilistica italiana mutinazionale con sede piemontese fa di fatto la réclame ad un vino argentino, si sia ricaduti nel solito provincialismo che spinge, non si sa perché, i piemontesi a snobbare tutto ciò di buono che è a portata di mano, locale, indigeno. Di più, a bollarlo come inadeguato in nome di un sorpassato e autolesionistico atteggiamento da “l’erba-del-vicino-è-sempre-più-verde”.
È un film che abbiamo visto altre volte. Nello già citato spot con eno-gaffe di Fiat, ma anche al recente Orizzonte Nizza, la rassegna dedicata alla Barbera d’Asti Nizza dove “esperti” toscani sono venuti in Monferrato ad insegnare agli “arretrati” piemontesi come si usa Internet; e nelle incaute parole dell’attrice torinese (e quindi piemontese) Luciana Littizzetto che al termine di una puntata di Che Tempo che Fa, il programma condotto da Fabio Fazio, incorse in un eno-autogol parlando di «fondo fangoso» della Barbera.
Ma perché Terre da Vino (o chi per lei) non ha trovato esperti piemontesi per parlare di vino, gastronomia e commercio, tre argomenti che in Piemonte conoscono bene. Forse perché in Piemonte esperti di tal fatta non ce ne sono.
Del resto, si sa, nella regione di Cavour, che ha fatto l’Italia Unita, ma anche dato impulso alla viticoltura piemontese; della Bela Rosin, proprietaria di Fontanafredda oggi nelle mani del guru dei supermercati del gusto con i tacchi a spillo, Oscar Farinetti; del suo amico Carlin Petrini, che ha fondato Slow Food, uno dei movimenti legati all’agroalimentare e all’economia collegata, di Paolo Massobrio, giornalista e scrittore fondatore di Papillon, fucina di eventi e volano di promozioni enogastronomiche a livello nazionale; ebbene qui gente che ne capisce di marketing e management dell’agroalimentare ce n’è poca. O no?
Infine una nota territoriale: l’incontro sarà anche l’occasione per presentare il libro “Ristoranti stellati e Relais & Chateaux del Nord Ovest”, edito da Gribaudo e presentato da Carlo Vischi, direttore editoriale divisione Il Gusto – Gribaudo. Qui, per fortuna, sono tutti piemontesi.
Filippo Larganà (Filippo.largana@libero.it)
grazie Italo per il bagno di umiltà. Dovrebbero farlo in tanti, anche nel mondo del vino.
Penso che in molti casi i danni creati al piemonte siano da attribuirsi ai Piemontesi.
Se è vero che nessuno è profeta in patria e anche vero che la patria è pronta a proclamare nuovi profeti…generalmente persone che non se lo meritano.
Dopo la rivelazione di Striscia la notizia circa la vendita delle stelle Michelin io mi vergognerei a titolarmi con questo fregio,gli altri invece fanno di questa vergogna una bandiera con cui nascondere la propria assenza dai loro posti di lavoro,per presenziare a trasmissioni vacue o manifestazioni di grido.
Finchè non ammetteremo che si cucina da tremila anni e che non ci inventiamo nulla,non porteremo nulla di valido all’enogastronomia locale.
Il continuare ad incensarsi con titoli o camuffare antiche ricette con i titoli del “mio” o del “suo” non usciremo mai dal circolo vizioso,manca umiltà alla nostra professione e si vede.
Io sono contento di essere un povero cuoco,con pochi titoli che tengo nascosti.
La mia più grande soddisfazione è la stima di ALCUNI dei mie colleghi ed il sorriso dei miei clienti.
Italo
La crisi economica ha cambiato alta ristorazione e consumo del vino?
La risposta non può essere che affermativa e non occorre scomodare “guru” del settore ed esperti più o meno titolati per prenderne atto…..basta far capolino nei locali, purtroppo non solo quelli “stellati”, per vedere sempre meno clienti e sempre meno bottiglie di vino sul tavolo….il secondo aspetto è fortemente condizionato (probabilmente più che dai prezzi delle bottiglie che comunque in molti casi erano lievitati oltremisura insieme al costo del pasto, negli anni in cui “Berta filava”), dall’autentico clima di terrore indotto negli avventori dal pericolo di perdere la patente per due bicchieri di vino….
Ciò premesso, l’iniziativa di Terre da Vino è un “classico” tentativo per dare un degno contorno all’inaugurazione della propria cantina…..niente di nuovo…ma è anche vero che è difficile essere originali in questo ambito….I contatti con la ristorazione rimangono fondamentali per il marketing di chi produce vino e se i ristoratori sono di fuori regione è comprensibile che si speri che mantengano e possibilmente incrementino la presenza di vini piemontesi nelle loro carte.
Quanto a radicate convinzioni nei produttori vinicoli (e non solo) che gli esperti ed i comunicatori siano più idonei e credibili se non piemontesi, purtroppo è storia vecchia. Conoscere da vicino il territorio, le sue prerogative, i suoi vini e tutte le produzioni non diventa un titolo preferenziale, ma nell’era della “comunicazione globale” che Internet ha innescato più di ogni altro strumento, avere un ufficio a Milano, ma anche a Torino, continua ad innescare corsie preferenziali per costose consulenze e progetti, i cui risultati spesso si commentano da soli…..e qui mi fermo per carità di Patria….