I dottori del vino non sono star e nemmeno comprimari. Gli enologi sono quelli che, d’intesa con i vignaioli, ma anche gli agronomi e i tecnici, in vigna e in Cantina, concorrono a essere protagonisti nella costruzione di un vino di successo. Per questo quando c’è il cambio della guardia tra un winemaker e un altro è una festa. Se poi il winemaker che passa la mano si chiama Giuliano Noè ed è stato papà di tante eccellenti Barbera e di molti vini celebrati per una Cantina come quella di Vinchio e Vaglio, nell’Astigiano, allora la storia acquista contorni storici e personali unici. Come si legge nelle nota diffusa dalla Cantina stessa. Buona lettura.
Un passaggio di consegne per certi versi epocale, ma che avviene nel segno della continuità tecnica e di indirizzo produttivo. E’ quello tra l’enologo Giuliano Noè, considerato, a piena ragione, uno dei padri nobili della barbera e da oltre trent’anni guida tecnica della Cantina di Vinchio e Vaglio Serra e l’enologo Giuseppe “Beppe” Rattazzo che di Giuliano è stato prima allievo e poi prezioso collaboratore, anche in questo caso per quasi quattro decenni.
L’annuncio è stato dato ai rappresentanti degli organi di informazione dai dirigenti della Cantina, il presidente Lorenzo Giordano, il vicepresidente Giuseppe Balbo ed il direttore Ernestino Lajolo, – presenti i due protagonisti dell’evento – qualche giorno prima della comunicazione pubblica che avverrà nel tardo pomeriggio di sabato 21 Luglio a Vaglio Serra durante “Veglie a Vaglio”.
Ai ringraziamenti che Giordano e Lajolo gli hanno espresso per il suo determinante contributo al successo crescente della Cantina, un Noè palesemente emozionato ha risposto, racchiudendo in poche parole il senso di uno straordinario lavoro di identificazione tra persone, territorio e vino, ringraziando a sua volta la Cantina ed i suoi dirigenti per avergli dato l’opportunità di fare liberamente, e con eccellenti risultati, tutto ciò che un enologo sogna di poter fare nel proprio lavoro.
L’onda lunga della presenza di Noè alla Cantina di Vinchio e Vaglio non si fermerà comunque con la decisione di passare la mano per “raggiunti limiti di età” poiché la strumentazione tecnica del suo studio a Nizza Monferrato è stato trasferito interamente alla Cantina dove si stanno allestendo i locali per farlo diventare pienamente operativo.
Un altro passo, quest’ultimo, “orientato” al conseguimento della qualità assoluta delle produzioni enologiche della Viticoltori Associati che vede, tra l’altro, arricchirsi continuamente il suo “catalogo”. Mentre infatti si sta sensibilmente accorciando il tempo d’attesa – il prossimo anno dovrebbe essere quello giusto – per poter degustare un “Alta Langa” targato Vinchio e Vaglio Serra, l’attenzione dei tecnici della Cantina si è rivolta, ovviamente senza dimenticare il vino della storia e del territorio che resta la Barbera in tutte le sue declinazioni, a varie tipologie di Pinot nero. Dopo il Gajera, vinificato in purezza ed arrivato sul mercato lo scorso anno sotto l’egida della Doc Piemonte, le novità di questi mesi sono l’“Innominato”, un rosato borderline del tutto insolito per chi è abituato al Pinot ed il “Ca du Re”, uno spumante rosè 100% pinot nero. Ultimi nati sì, ma nell’irrinunciabile solco del profilo alto, ormai marchio indelebile di Vinchio e Vaglio Serra. Profilo che verrà sicuramente mantenuto sotto la conduzione di Beppe Rattazzo che, rispettando l’obiettivo aziendale della Cantina per avere almeno un’etichetta nuova ogni anno, riserverà una particolare attenzione al comparto del “biologico” che oggi costituisce uno dei fattori di maggior attrazione da parte dei consumatori.
“Non sarà facile – ha affermato Rattazzo – perché per fare del vero biologico sono necessarie pratiche che condizionano non soltanto il risultato organolettico finale, ma speciale cure in vigneto ed in cantina che non possono non avere risvolti economici, sia per chi produce, sia per chi acquista. Siamo comunque fiduciosi che, grazie alla filosofia ormai storica di questa Cantina, avremo risultati confortanti”.
Giuliano Noè
qualche nota di una vita dedicata alla Barbera
Ultimo di cinque figli – il papà era un carradore – Giuliano Noè nasce a Monforte d’Alba nel 1935, ma già a sei anni si trasferisce a Cossano Belbo dove la mamma ha ereditato la casa dei genitori. Dopo studi un po’ rocamboleschi, nel periodo bellico e nell’immediato dopoguerra, si diploma alla celebre Scuola enologica di Alba.
Nel 1956 trova subito lavoro in una ditta di Canelli dove la paga è pressoché nulla, ma può cominciare a fare esperienza. Lavorerà poi a Torino e nuovamente a Canelli da cui si trasferirà a Nizza Monferrato che diventa la sua seconda, e definitiva, patria. Giuliano punta a diventare, cosa abbastanza insolita per l’epoca, un libero professionista. Obiettivo raggiunto negli anni ’70, praticando la professione in Emilia Romagna, Toscana e Svizzera – in anni più recenti anche in Liguria dove ha messo mano alla realizzazione di uno straordinario Pigato – pur mantenendo Nizza Monferrato come punto di riferimento della sua attività. Si dice Nizza e si pensa Barbera. Così Giuliano, a metà degli anni ’80, si trova al posto giusto nel momento giusto per l’avvio del rinascimento di questo grande vino piemontese, fino ad allora svilito e oggetto delle più diverse manipolazioni.
E’ in questo periodo che Noè inizia la sua collaborazione con i grandi protagonisti della “rivincita” della barbera” – da non dimenticare la sua opera, iniziata in tempi ormai molto lontani, a sostegno della nascita del “Nizza”, oggi finalmente giunta a compimento – tra cui non si possono non citare Giacomo Bologna, Arturo Bersano, Angelo Sonvico e, perché no, la Cantina di Vinchio e Vaglio Serra che proprio in quegli anni diventa uno dei suoi “figli” prediletti dando vita a straordinari prodotti come la selezione “Vigne vecchie” di Barbera d’Asti superiore docg, la Barbera d’Asti superiore “Tre Vescovi” e ad altri innumerevoli vini di pregio che si sono rivelati tali grazie alla capacità di individuare le migliori potenzialità produttive di ogni posizione e terreno. Emblematico il caso della doc “Piemonte barbera”, un vino di quotidiana ma assoluta qualità, ottenuto da uve di vigneti che non si possono considerare dei “cru”, ma che rispondono alle richieste di qualità diffusa di molta parte dei consumatori.
Tra i tanti riconoscimenti ricevuti nella sua lunga carriera, si segnala, sul piano nazionale, l’attribuzione del prestigioso titolo di “Enologo dell’anno” da parte della Guida dei Vini 2005 di Slow Food e su quello più vicino a noi, del Premio Davide Lajolo-Il Ramarro ed del Premio Storytelling Barbera d’Asti-Raccontare il territorio istituito recentemente a Vaglio Serra.
Piccola carta d’identità
di Giuseppe “Beppe” Rattazzo
Nasce nel marzo del 1956 in una famiglia contadina di Rocchetta Palafea, alle porte della Langa Astigiana. Dopo aver conseguito il diploma di Perito Agrario specializzato in Viticoltura ed Enologia presso la “Scuola enologica” di Alba (Istituto di Istruzione superiore Umberto I), trova occupazione nel settembre del 1979 nell’azienda agraria Cattaneo Adorno Gustiniani di Retorbido in provincia di Pavia ed inizia, sia pur saltuariamente, la sua pluridecennale collaborazione tecnica con lo Studio Noè. Nel 1982, sempre per la Cattaneo Adorno Giustiniani, ma questa volta a Gabiano Monferrato, viene chiamato a curare il settore della vinificazione della produzione aziendale e l’imbottigliamento. Dall’ottobre 1985 all’inizio del 2001 il suo principale impegno, pur continuando una importante collaborazione con lo Studio Noè, è in Canton Ticino, in Svizzera, dove ricopre per alcuni mesi del 1985, l’incarico di responsabile della vinificazione della Roberti Foc S:A di Bodio e nei successivi quindici anni, quello di enologo e responsabile tecnico di cantina della stessa Roberti Foc e della Casa Vinicola Gialdi di Mendrisio, sempre in Canton Ticino.
Nel 2001 diventa libero professionista e lo resta fino ad oggi. Mentre si intensifica la collaborazione con lo studio di Giuliano Noè, Rattazzo è consulente enologico a tutto campo per numerose aziende agricole, occupandosi sia dell’assistenza tecnica nelle pratiche agricole, dalla potatura della vite alla raccolta delle uve, sia della cura delle successive fasi di vinificazione, affinamento e imbottigliamento dei vini.
Tra queste si ricordano, a puro titolo di esempio, l’Avezza di Canelli (Barbera e Alta Langa), San Bartolomeo di Fulvio Bergaglio a Gavi (Gavi), la Caudrina di Romano Dogliotti, Roberto Ferraris di Agliano Terme (Barbera), Guasti di Nizza Monferrato, La Gironda di Nizza Monferrato (Barbera), La Luna del Rospo di Agliano Terme (Barbera e Nebbiolo in Biologico), Beppe Marino di Santo Stefano Belbo (Moscato), Franco Martinetti, Cantina Sociale Terra dei Santi di Castelnuovo Don Bosco (Freisa, Barbera, Malvasia) e, ultima ma non per ultima, la Viticoltori Associati di Vinchio e Vaglio Serra.