44° Vinitaly: in fila per 600 (col resto di 2) i piemontesi assediano Verona. Ma senza fare abbastanza squadra

inserito il 7 Aprile 2010

Domani, 8 aprile 2010, apre i battenti il 44° Vinitaly di Verona (www.vinitaly.com). Le aziende vinicole piemontesi saranno 600. La speranza è che portino a casa affari e contratti. Tuttavia a complicare tutto quest’anno non c’è solo il fatto che, diciamocelo, il vino è un consumo elitario che coinvolge poche decine di milioni di persone sui 6 miliardi che popolano il pianeta azzurro. Ci sono altri fattori che rischiano di limitare fortemente i mercati. E questo nonostante le grancasse e i strombazzamenti di questi giorni da parte di new e vecchi media.

Perché se è vero che in certi ambienti il vino fa moda ed è diventato uno status symbol, in altri parti del mondo è sconosciuto, ignorato quando non osteggiato.

Inoltre c’è la campagna mondiale contro l’alcolismo che tende a criminalizzare chi beve vino, spesso avallata da Governi locali troppo deboli e miopi per promuovere iniziative di informazione che distinguano nettamente tra uso e abuso.

D’altra parte le aziende vinicole per decenni si sono nascoste dietro al dito, hanno fatto finta di non vedere, e le poche e blande iniziative intraprese recentemente a livello europeo non possono fare certo miracoli.

C’è poi la questione delle lobby del beverage, bibite e birra in testa, che nella logica del mors tua vita mea non esitano a effettuare invasioni di campo eclatanti. Lo spot di una famosa cola che pretende di diventare il simbolo della cucina famigliare italiana è il sintomo di questa strategia.

Per non parlare degli scandali che periodicamente squassano il settore e del vezzo tafazzistico dei piemontesi di continuare a non fare squadra con i consorzi di tutela che lavorano ognuno per conto suo, le associazioni di produttori idem, la Regione Piemonte che cerca di mediare, ma resta invischiata in logiche localistiche che han fatto il loro tempo, viticoltori ancora con poca coscienza di sé, strategie di marketing slegate dal territorio e in balia dei cambiamenti di rotta di multinazionali e manager. Insomma il solito caravanserraglio.

Lati positivi? Per i vini piemontesi qualche attivismo in più, sulla spinta, soprattutto della comunicazione. Citiamo le campagne pubblicitarie del Brachetto d’Acqui, tv, radio e web, della Barbera d’Asti, giornali, tabelloni (ad oggi sito web ancora inattivo); le missioni all’estero dei produttori di Moscato d’Asti e del Consorzio dell’Asti spumate. Belle cose che, però, hanno bisogno di impegno e iniziative anche su altri fronti. È mai possibile, ad esempio, che un nostro lettore ci segnali come a Praga, capitale Repubblica Ceca, ad appena un’ora di volo dall’Italia, non ci siano vini italiani nelle migliori bottiglierie della città? Mentre spopolano champagne e vini francesi?

Ecco, messe insieme questi elementi, speriamo davvero che il Vinitaly rappresenti, non solo una vetrina del vino italiano e piemontese, ma anche quella rampa di lancio, rilancio, correzione di rotta, colpo d’ala, mossa d’orgoglio, chiamatela come volete, che metta davvero il turbo al vino, una delle produzioni più strategiche, ma anche più ignorate e bistrattate, del Belpaese e del Piemonte.

FL

un video sul Vinitaly

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