Bagna Cauda o Caoda? La prima definizione, ci piace di più, l’altra è piaciuta al nostro Vittorio Ubertone che, da astigiano, l’ha messa come titolo alla nostra videointervista.
Sia come sia l’esperienza di raccontare uno dei piatti mito, forse quello che più di tutti identifica la cultura rurale piemontese, è stata indimenticabile per molte ragioni.
Una, la principale, è quella di avere scelto un “cicerone culinario” d’eccezione, la chef Mariuccia Ferrero del ristorante stellato San Marco di Canelli, una che insegna l’arte di cucinare con quella semplicità e immediatezza che solo i grandi interpreti hanno.
Un’altra ragione è il fatto di avere ambientato quello che alla fine è diventato un vero tutorial sulla Bagna Cauda a Canelli, nel centro dei Paesaggi Vitivinicoli Piemontesi che sono sito Unesco e Patrimonio dell’Umanità (anzi, la candidatura partì proprio da qui più di dieci anni fa).
Dunque che Bagna Cauda sia.
Nelle immagini girate da Vittorio Ubertone troverete insieme a una codifica pratica su come si fa la salsa (ma è molto più di questo e Mariuccia ce lo ha insegnato) più famosa della cucina piemontese, anche suggerimenti e indicazioni per farla a casa, senza timori.
Perché la Bagna Cauda, come Mariuccia ha più volte ripetuto, è essenzialmente il piatto del cuore e della condivisione, una ricetta che raccoglieva tutta la famiglia attorno alla pentola di coccio (in piemontese “dianet”) nella quale si era cucinata la fumante Bagna Cauda.
Oggi, coinvolti come siamo di condivisioni virtuali, è molto più difficile condividere qualcosa nella vita reale.
La Bagna Cauda, però, è un ottimo antidoto.
E non si creda a chi dice che l’afrore di aglio sia una barriera ai rapporti umani. È una bugia. Provare per credere.
Buona visione e buon appetito.
SdP