E insomma le liti sul vino in Piemonte non finiscono mai. L’ultima in ordine di tempo è quella sulla proposta del Consorzio della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato per la creazione di un Piemonte Nebbiolo doc che recepisse le aspirazioni di vignaioli e aziende monferrine che da sempre coltivano uve nebbiolo, ma non possono rivendicarne l’origine per farne vino con la denominazione, appunto, Piemonte Nebbiolo doc. Sul versante Langhe la proposta è stata considerata come un indebito allargamento della zona di produzione nel Nebbiolo.
I langhetti incazzati, supportati anche dal Consorzio del Barolo e Barbaresco (esiste e si fa sentire, ogni tanto) e da altri autorevoli pareri di giuristi e produttori, hanno alzato barricate. Del resto gente che fa business, e che business, su vini a base nebbiolo come Barolo (14 milioni di bottiglie), Barbaresco (7) e sulla “star” emergente Langhe Nebbiolo (6), non poteva certo permettere che tout court si desse il via libera a un progetto percepito come concorrenziale.
I timori che venisse sminuita una denominazione così pregiata e remunerativa hanno prevalso. A questo inoltre si sono aggiunti valori territoriali e di storia enologica per un vitigno che, tuttavia, è coltivato e vinificato legittimamente con la denominazione Nebbiolo in molte parti del mondo, dagli Usa all’Australia.
I media hanno parlato di “guerra del Nebbiolo tra Langhe e Monferrato”. Il tema è stato ripreso anche da importanti eno-riviste e portali stranieri. Risultato: il pallino è passato nelle mani del Comitato vitvinicolo regionale che ha chiesto di rivedere la proposta del Consorzio.
I contrari all’ipotesi hanno parlato di bocciatura. I favorevoli di una utile riflessione per garantire il diritto di tutti a coltivare nebbiolo e farne vino omonimo di qualità.
Così la cronaca di quello che è accaduto sulle pagine locali del quotidiano La Stampa: “Sul fronte della contestata creazione della denominazione Piemonte Nebbiolo Doc, per ora nulla di fatto. L’idea di allargare incondizionatamente l’area di produzione è stata bocciata ed è emersa la volontà comune di approfondire soluzioni alternative che riconoscano le specifiche identità territoriali. «Abbiamo espresso le nostre posizioni, che sono state recepite favorevolmente dal comitato presieduto dall’assessore Ferrero» dice Orlando Pecchenino, presidente del Consorzio Barolo che osteggiava la richiesta. Per Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti che aveva avanzato la proposta, «la discussione si è svolta in un clima sereno e costruttivo. Ripresenteremo su questa base una proposta che possa trovare un ampio consenso del tavolo e dei produttori»”.
E proprio Mobrici, oggi (16 settembre), in qualità di presidente del Consorzio che ha avanzato la proposta sul Piemonte Nebbiolo doc, ha diffuso una nota ufficiale che spiega e chiarisce quello che è successo. Eccola: “Il Comitato consultivo regionale per la viticoltura tenutosi il 12 settembre cui hanno partecipato i rappresentanti della filiera vitivinicola e l’Assessore all’Agricoltura Giorgio Ferrero, ha sancito un principio fondamentale: il Nebbiolo è un patrimonio dell’intero Piemonte.
Ripercorrendo le tappe della proposta d’inserimento della tipologia Nebbiolo nel Disciplinare Piemonte Doc, indebitamente definita come una guerra tra Langhe e Monferrato, è necessario ricordare come essa si inserisca in una complessiva revisione di tale Disciplinare, in cui da sempre trovano spazio tutti i principali vitigni coltivati in Piemonte. Detenendo il nostro Consorzio i poteri di tutela sulla Doc in oggetto, e a fronte di una precisa richiesta proveniente da numerose aziende, abbiamo deciso di inserire anche la tipologia Nebbiolo nella proposta da sottoporre al giudizio della filiera e degli organi competenti.
L’unica valutazione di merito che abbiamo compiuto riguarda l’esistenza di un rapporto tra il territorio su cui la Denominazione insiste e il vitigno oggetto di richiesta. E nel caso del Nebbiolo il suo legame con il Piemonte è indiscutibile, come dimostrano i documenti storici, le molte Denominazioni a base Nebbiolo e il suo diffuso utilizzo come uva da taglio, laddove non esiste possibilità di rivendicarlo in quanto tale. Convinti dell’importanza di un sistema che, nell’offrire una Doc di ricaduta comprensiva di tutti i vitigni coltivati, garantisca un appropriato livello di qualità, ci siamo ispirati a quello che a nostro avviso è un testo serio e misurato: il Disciplinare del Langhe Doc Nebbiolo. Riteniamo che tale proposta fosse un valido punto di partenza per la discussione.
Appresa grazie ai giornali la contrarietà di una parte della filiera a questa soluzione, abbiamo acconsentito a sospenderla, dandone comunicazione nelle sedi opportune. Orientando dunque il nostro impegno verso un progetto che verta attorno al Monferrato e al suo consolidato rapporto con questo vitigno, non possiamo che ribadire piena soddisfazione per il riconoscimento che il Comitato ha fatto riguardo la vocazione del Nebbiolo, patrimonio dell’intero Piemonte”.
Filippo Mobrici – presidente Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato
Dunque una tregua dopo la “guerra”? Forse sì. Ma per ora rimangono molti interrogativi. Si andrà verso altre denominazioni che diano soddisfazione ai produttori di nebbiolo monferrini? E quali saranno queste denominazioni? Il nome Piemonte sarà abbandonato? Staremo a vedere.
Resta comunque l’amarezza perché il Piemonte del vino sembra muoversi ancora a compartimenti stagni. C’è chi tenta fughe in avanti, magari sulla spinta di mercati che sono sempre più competitivi e impongono cambiamenti, adeguamenti di disciplinari vecchi di decenni, e c’è chi difende posizioni conquistate con lungo e duro lavoro, determinazione e rigorosa osservanza di regole e qualità.
Ecco, forse, come sempre, il meglio sta nel mezzo. Per comunicare bisogna ascoltare, non solo parlare. Per evolversi bisogna aprirsi a cambianeti che considerino le esigenze di tutti sforzandosi di trovare, quando è possibile, un punto comune d’incontro.
In caso contrario resteranno le polemiche, i contrasti e le “guerre” che, come si sa, lasciano solo macerie.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)