Langa. I trent’anni delle bollicine d’autore di Borgo Maragliano, la cantina nata su una ghiacciaia del ‘700

inserito il 25 Luglio 2016

Tutto comincia da una cascina acquistata nel 1700 da una ricca famiglia di artigiani liguri, poi venduta a vignaioli locali. E tutto sembra interrompersi con le guerre, la Prima e la Seconda che con una coda velenosa porta anche a una morte drammatica, gelida, che stravolge le esistenze di una donna e di due bambini. Invece, come fa sempre la vita, quella morte segna la rinascita di una famiglia che attraverso la fatica, la determinazione e l’amore per la terra e le colline di Langa, è riuscita a costruite una delle Cantine vinicole più apprezzate del Piemonte.

La Cantina è Borgo Maragliano, 29 ettari, tutti sparsi nella Langa Astigiana a due passi dalla Valle Bormida e dalla Valle Belbo. Terra di moscato, ma anche di chardonnay e pinot. La famiglia è quella di Carlo Galliano, enologo e stesso nome e cognome del nonno che, colono in terra d’Africa tornato per amore della famiglia lasciata in Piemonte, venne fucilato, come racconta oggi il nipote indicando una bella fotografia, da alcuni partigiani. «Forse per invidia» taglia corto lasciando in sospeso un tema, quello delle esecuzioni sommarie fatte dall’una e dall’altra parte nel corso di quella sanguinosca e feroce guerra civile che sfociò nella Guerra di Liberazione dal nazifascismo, che ancora oggi in Italia si fa fatica ad affrontare.

Ma oggi, per fortuna, si può parlare di vino. Dunque Borgo Maragliano è una realtà che va avanti da 5 generazioni, e la sesta si sta affacciando con i figli di Carlo e di sua moglie Silvia. Un realtà fatta di oltre 340 mila bottiglie, al 90% spumanti, di cui la metà è metodo classico. E non mancano le acquisizioni. Un anno fa una cascina di 4 ettari in regione Serra Masio di Canelli (Asti), una delle colline più vocate alla produzione di moscato.

In gamma Borgo Maragliano ha dall’inizio anche una chiccha: il Loazzolo doc, il passito di uve moscato di cui la maison loazzolese è stata tra i primi vinificatori. Poi c’è la cantina all’ingresso del paese di Loazzolo che oggi, 25 luglio, ha aperto le porte agli ospiti per festeggiare i 30 anni di attività. Protagonista assoluta la “ghiacciaia”, una stretta cantina scavata che scende lungo una vena di roccia e tufo della collina per diversi metri. Lì, al riparo da luce e calore, riposano le bottiglie del metodo classico. «la ghiacciaia era stata dimenticata – spiega Carlo Galliano -. Era stata coperta da metri cubi di terra. L’abbiamo riscoperta per caso durante i lavori di ristrutturazione. Risale alla metà del 1700. Liberata dalla terra e dai detriti che la ostruivano è diventata la regina della nostra azienda». Un paradiso sotterraneo, un cuore pulsante, un santuario che ricorda i Crutin di Calosso e le sontuose Cattedrali Sotterranee di Canelli. Oggi un solida fontamenta su cui costruire altri 300 anni di storia enologica.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

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