L’idea l’ha rilanciata in una recente intervista a SdP Sergio Chiamparino, governatore del Piemonte: «La nostra regione può pensare di avere un evento suo dedicato ai suoi vini» ha detto. Concordiamo. I Piemonte del vino ha bisogno di riscossa. Non solo commerciale. C’è fame di rivalsa. Le altre regioni corrono, il Piemonte non accelera. Ed è un peccato. le eccellenze non mancano. Accanto ai miti Barolo e Barbaresco ci sono altre potenzialità. L’Alta Langa può e deve diventare lo “champagne” italiano. Senza scimmiottare i francesi, ma ritagliandosi una personalità enologica che già c’è. Ne sa qualcosa Giorgio Rivetti, patron di Contratto, che ha investito Bossolasco (Alta Langa geografica) 40 ettari di nuovi vigneti per produrre con uve piemontesi tutti gli spumanti Contratto. Lo stesso ha fatto Paolo Ricagno, con 20 ettari che saranno coltivati a pinot grigio e chardonnay per Alta Langa in quel di Sessame. Poi c’è la Barbera d’Asti che tante soddisfazioni sta dando a produttori e consorzio presieduto da Filippo Mobrici. La speranza è che le soddisfazioni arrivino anche ai viticoltori con un aumento del prezzo delle uve. «I presupposti ci sono tutti» ha detto a SdP Mobrici. resta il rebus moscato. L’Asti docg non va. Qualcuno parla di crisi strutturale. Le grandi industrie non lo spingerebbero più. C’è chi prefigura un’impasse. Il Moscato d’Asti docg, però, va. Trenta milioni di bottiglie in crescita. E nel mondo si continua a piantare barbatelle di moscato. In Australia sembra che facciano sovrainnesti per avere grappoli già la prossima vendemmia. Saranno mica diventati matti? L’Asti, a nostro avviso, è in crisi perché non valorizzato. Bisogna mettere mano alla qualità, con rigore. Bisogna avviare un progetto di comunicazione serio che colpisca quei mercati dove l’Asti era ed è ancora leader: Ue, Usa, Australia, l’Italia. L’Asia va presa con le molle, puntando sull’educationals. In questo senso un salone internazionale dedicato solo al vino piemontese aiuterebbe non poco. Le formule possono essere tante. I luoghi a Torino non mancano. Ci si è provato in passato. Con poca fortuna. Ma i tempi sono cambiati. I piemontesi, speriamo, pure. Noi ci permettiamo di pensare ad un salone piemontese non annuale, magari biennale, magari dedicato solo ai vini piemontesi. Tutti presenti però, in squadra, senza invidie e false alleanze, senza recriminazioni e con tanto orgoglio da ritrovare un po’ alla “arrivano i piemontesi”. Un’idea su cui ragionare, magari insieme all’assessore regionale Giorgio Ferrero.
F.L.