Alla fine è nata la Consulta Nazionale del Vino Italiano. Sarà vera gloria? Speriamo

inserito il 19 Ottobre 2015

È nata la Co.N.V.I, cioè la Consulta Nazionale del Vino Italiano. Noi non ne eravamo entusiasti (leggi qui), ma in periodo di Expo, anche se in chiusura, non si butta via niente. E così, l’altro giorno, all’Expo, anzi nello “Slow Food Theather a Expo 2015” è stata presentata Convi. Ma perché ce l’avevamo con questa costituenda, ora costituita, associazione? Perché avevamo trovato singolare che con tutti i Ministeri, i Consorzi, le associazioni di categoria, gli enti pubblici e privati si stesse pensando all’ennesima società di persone (inteso come gruppo, certo) per fare una cosa, cioè la divulgazione della cultura enologica in Italia, che altri avrebbero dovuto fare da anni se non da decenni.

E il comunicato stampa che Slow Food (tra gli enti che fanno parte del Convi) ha diffuso ci ha convinto di quello che pensavamo già nel maggio scorso a cominciare dal sottotitolo che spiega gli scopi della Consulta e cioè: «Unire le forze per elaborare progetti concreti che promuovano il patrimonio vitivinicolo italiano coinvolgendo prima di tutto le giovani generazioni». La conferma che la Consulta nasce con tutti i crismi della fiera del precotto, della sagra della banalità, della rassegna dell’ovvio.

Altri esempi? Nel testo Slow Food si legge che Lorenzo Berlendis, vice presidente di Slow Food Italia, ha detto «il progetto è nato dalla collaborazione tra le principali associazioni legate al settore vitivinicolo nazionale. Una novità assoluta, dal momento che mai prima d’oggi i rappresentanti delle diverse fasi della filiera si erano uniti in un progetto comune senza interessi di categoria…».

Ma il Governo che ci sta a fare? E i Consorzi che prendono soldi per valorizzare e promuovere la cultura del vino in Italia e all’estero? Berlendis spiega, però, che la Consulta sarà «…un importante stimolo in un momento in cui in Italia il consumo pro capite di vino negli ultimi 50 anni è sceso da 100 a 46 litri» e chiarisce che, «… sempre più feticcio di ambienti ristretti, il vino ha perso il suo ruolo nutrizionale e il suo posto sulle nostre tavole, soprattutto per le giovani generazioni». Feticcio? Ruolo nutrizionale? Giovani generazioni? Bene, andiamo con ordine: da anni da una parte si dice ai giovani che bere vino fa male, che le stragi del sabato sera vengono da quello (nei tg accanto ad auto sfasciate spesso si fanno vedere calici di vino insieme ai superalcolici) che oggi è più trendy il cocktail. E ora si vuole invertire la tendenza con una Consulta? Un po’ ingenuo, quanto meno.

Ma che cosa farà la Convi? Ci pensa Vito Intini, presidente Slow Food e coordinatore della Consulta a spiegarlo: «La Consulta nasce per dare una risposta al crescente calo dei consumi di vino in Italia. La nostra scelta è stata partire dai giovani. L’idea è raccogliere tutto il nostro patrimonio storico e ambientale per introdurre il vino e la sua conoscenza come parte della nostra identità nazionale. Parleremo ai ragazzi di vino e cultura, perché il vino è un elemento del nostro essere italiani, e spiegheremo loro cosa vuol dire fare un prodotto di qualità in questo paese. Partiremo ovviamente dall’educare i giovani a bere consapevolmente, fornendo loro gli strumenti per avvicinarsi al vino in modo intelligente».  Ecco una novità: si parte dai giovani. Lo si fa sempre o, almeno, si dice di farlo e poi non si arriva mai da nessuna parte. E vi risparmiamo altre dichiarazioni che parlano di “progetti pilota”, “esempi virtuosi” e usano, naturalmente, il termine “integrazione” e l’abbinamento inossidabile “tradizione e innovazione”. E c’è stato pure chi ha auspicato l’introduzione di temi agricoli nelle scuole. Assoluta novità. Il “colpo di grazia” arriva, come al solito, nelle ultime righe. Vi si legge: «Il prossimo passo a livello organizzativo sarà la realizzazione di un marchio comune della Consulta, presentato a tutto il mondo vitivinicolo nazionale in occasione del prossimo Vinitaly. A livello politico invece la prossima sfida della Consulta sarà coinvolgere in questa grande opera di educazione e formazione ministeri e istituzioni potenzialmente interessati».

 

Che dire? La speranza, anche la nostra beninteso, è che noi, inguaribili e orribili scettici disincantati e anche un po’ rincoglioniti, saremo sconfitti e smentiti su tutta la linea e che la Convi, composta da un pool di enti (Agivi; Ais; Aspi; Associazione Nazionale Le Donne Del Vino; Conaf; Fisar; Fivi; Movimento Del Turismo Del Vino; Slow Food Italia; Sive; Onav; Vinarius) mantenga tutto quello che promette. Saremo felici di fare ammeda e cospargerci il capo di cenere. Magari iscrivendoci ad uno di questi corsi su cultura e tradizione e innovazione vinicola.

Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)

 

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