Ora che sono passate, quasi, tutte le feste possiamo scrivere quello che è accaduto in questo anno orribilis 2013 in tema di Sapori del Piemonte. Cioè quasi nulla, in fin dei conti. I piemontesi del vino hanno continuato a volare basso litigando tra loro come i capponi di Renzo. Quelli del food stanno ancora parlando di rilancio. Enti e istituzioni non aiutano e si azzuffano su mutande di vario colore. Intanto si preferisce suonare la grancassa sull’acquisizione di Chrysler da parte di Fiat, che certamente porterà benessere a Marchionne e agli Agnelli.
La guerra del vino. Dicevamo dei vinicoli. A pochi giorni dai brindisi natalizi e di fine anno la sensazione, ma anche alcuni primi dati, indicano che il settore quanto meno regge la crisi, con, addirittura punte di ottimismo guardando alle esportazioni. Dunque il vino salva l’economia piemontese? Forse. Ma quello che stupisce è che, nonostante segnali quanto meno di speranza, gli operatori del comparto non hanno perso il senso della rissa continua. La faida del moscato. Un buon esempio è il moscato. Secondo i dati del Consorzio di Tutela si starebbe veleggiando verso i 98 milioni di bottiglie vendute tra Asti e Moscato d’Asti docg. Si dovrebbe gioire. Invece si litiga. Tiene banco una storia davvero difficile da spiegare a chi non è addentro a questi: la querelle dell’inserimento di Asti città nella zona di produzione delle uve moscato docg che, fino ad oggi, comprende 52 Comuni tra Astigiano, Cuneese e Alessandrino, escludendo la città che dà il nome al vino. Le posizioni sono talmente contrarie che da anni si cerca di dirimere la controversia nelle aule di tribunali. Come da tradizione italica. Da una parte chi vuole un territorio delimitato, dall’altra chi (in testa anche un grande gruppo aziendale) vorrebbe un allargamento in ossequio a leggi Ue e mutate esigenze di mercato. Risultato? Bagarre continua sui media e nelle aule di giustizia con alterne sentenze. L’ultima ha dato ragione agli “anti-Asti”, ma i “pro” si stanno organizzando minacciando manifestazioni e ricorsi alla Corte di Giustizia europea. E pensare che le cose vanno bene. Pensate se andassero male. Asti docg uno e trino. Come non bastasse c’è chi propone una terza docg del moscato, un Moscato d’Asti spumante da affiancare all’Asti docg e al Moscato d’Asti docg “tappo raso”. Tutti vini a base moscato. Anche qui posizioni litigiose. Il Consorzio di Tutela dice che le aziende sono contrarie. Alcuni rappresentanti di movimenti e associazioni di vignaioli sostengono il contrario. Risultato? Un altro fronte di polemiche e liti. Proprio quello che mancava al comparto. E non aiutano certi atteggiamenti di chiusura completa al dialogo. Infine, sempre a proposito di moscato, da segnalare il rientro nella “casa comune” del Consorzio di Tutela di aziende come Martini & Rossi, Toso e Fontanafredda che, da alcuni anni, erano uscite in polemica, avevano asserito, con la politica consortile. Ora sono mutate le condizioni? Questa è la tesi ufficiale, ma non è escluso che dietro all’apparente happy ending ci siano operazioni di riassetto consortile. Il quadro diventerà più chiaro entro questo gennaio con la votazione di un nuovo Cda che, tra le altre cose, dovrà anche verificare i progetti di valorizzazione del Consorzio, compresa la “campagna Cina” su cui l’ente ha puntato molto, sia in tema di risorse sia di attese.
Brachetto avanti piano. E gli altri vini? Il Brachetto docg, nonostante problemi di mercato, resta un must, più all’estero che in Italia e va dato atto al Consorzio di Tutela di avere messo in atto nuove caute strategie di valorizzazione. Serviranno? La sensazione è che contestualmente si debbano risolvere altri intoppi come il rapporto tra prezzo e resa delle uve, costo della bottiglia e gestione della denominazione. Perché promozione va bene, ma con una filiera che opera in sintonia. Sennò si rischia la moscatizzazione con liti e scontri a raffica.
I prìncipi del silenzio. Barolo e Barbaresco sono i principi dell’enologia piemontese. Principi silenti, perché se ne parla poco se non pochissimo. Il Consorzio di tutela è quanto meno parsimonioso in fatto di comunicazione. L’unico “strillo” pubblico è stato quello di alcuni mesi fa, per annunciare e spiegare l’applicazione dell’erga omnes agli associati. Tradotto: dovete darci soldi perché gestiamo le denominazioni. Okkei. Ma forse un po’ più di informazione verso l’esterno non guasterebbe. Qualcuno assicura si tratti di una precisa strategia del silenzio. A noi piace pensare che si tratti di pura distrazione sabauda da monsù travet.
Le alte aspirazioni dell’Alta Langa. Più loquaci quelli dell’Alta Langa, il brut metodo classico made in Piemonte, che, pochi giorni fa, hanno annunciato di aver raggiunto i 600mila bottiglie. È cosa buona? Sì, anche se la meta è ancora lontana. L’Alta Langa continua ad essere considerato, a torto o a ragione, un vino modaiolo, di nicchia, invece dovrebbe solleticare l’orgoglio piemontese per un metodo classico fatto solo con uve locali. Di mezzo ci sono strategie e scelte aziendali non ultimo il fatto che il Piemonte sia il più forte imbottigliatore del veneto Prosecco, per cui certe affermazioni (“lasciamo il Prosecco ai veneti”) lasciano il tempo che trovano. Che fare? Beh, prima di tutto crederci. Per quanto riguarda gli altri vini prodotti in Piemonte vale quello detto per Barolo e Barbaresco: tutto tace, e non detto che sia proprio un buona notizia. Un nostro buon proposito per il 2014 sarà quello di scardinare questi silenzi.
Barbera: uno, nessuno, centomila. Un discorso a parte merita la Barbera. In Piemonte è una denominazione strausata. Tanto che, recentemente, una sottozona come il Nizza ha ottenuto la docg. Bene per i produttori del Nizza. Tuttavia qualche perplessità sorge spontanea: ma con tutti questi vini a base barbera come si spiegheranno ai consumatori, specialmente stranieri, le differenze? Un fatto è certo, oggi in Piemonte i vini fatti con le uve barbera sono: Barbera d’Asti docg, Barbera d’Asti docg Superiore, tre sottozone Nizza (docg), Tinella e Colli Astiani, Barbera del Monferrato doc, Barbera del Monferrato Superiore docg, Barbera d’Alba doc. E tanto per non farsi mancare nulla i Dolcetto sono 6. Una girandola di denominazione che rilancia lo spirito dell’Italia dei Comuni e dei Campanili ma, come è stato detto in tv pochi giorni fa da un noto imprenditore del wine & food, difficile da spiegare ai consumatori, specialmente stranieri. Ecco in questo scenario, come dato di fatto, c’è chi propone una terza docg del moscato in nome di una chiarezza difficile da vedere. Forse bisognerebbe pensarci un po’ su prima di fare proposte che rischiano di essere non solo anti-storiche (e il fatto che siano state percorse nel passato non è garanzia di positività) ma anche controproducenti. Anche in questo caso molte urla, molti strepiti e molta voglia di scontro, ma poca vera comunicazione e confronto costruttivo.
Il food-team che manca. Del resto si parla poco anche del food piemontese. Formaggi, salumi, agroalimentari, carni, tutto sembra essere stipato in una pentola a pressione chiusa da cui escono pochi sbuffi di vapore che, per lo più, sono news negative: alimenti taroccati, crisi commerciali, proteste, manifestazioni. Quasi mai comunicazioni positive e mai sinergie virtuose con altri settori produttivi della regione. Anche se in molti continuano a riempirsi la bocca con l’espressione “fare squadra” senza di fatto praticarla.
Il Piemonte invisibile. Pochi giorni fa un valente imprenditore “di sinistra” ha detto che per lanciare il made in Italy nel mondo ci vorrebbe un marchio unico. Pia illusione. In realtà basterebbero enti in grado di fare quello che dovrebbero fare: uno Stato che non tratti agroalimentare, cultura e paesaggio, settori dove gli italiani sono leader mondiali, come interessi marginali per il Paese; e, per quanto riguarda il Piemonte, un ente Regione che faccia da guida e non da osservatore o, quando va bene, da notaio di situazioni incancrenite e obsolete. Qualcuno obietterà che ci sono organizzazione che fanno, che portano il Made in Piemonte nel mondo. È vero, e sono tutte iniziative meritorie, portate con risorse sempre più risicate, sia pubbliche che private. Il guaio, a nostro avviso, è sembrano essere isole in un mare enorme. Ci sono consorzi e superconsorzi, è vero, ma tutto sembra essere slegato, come se il mondo del vino sia un pianeta distante e diverso da quello del formaggio o della carne o dell’agroalimentare, della cultura e del paesaggio. Come non fosse possibile gustare un buon vino insieme a buon cibo, ammirando un panorama mozzafiato dalla finestra di un palazzo storico. È proprio questo che manca, la voglia si lavorare insieme. Tutti. «Non è nel nostro dna» commenta un professionista piemontese doc. Beh, ammesso sia vero, è ora che i piemontesi trasformino il loro codice genetico ritrovando verve e voglia di collaborazione. Ne va del futuro del Piemonte e, in generale, dell’Italia. Perché i nuovi ricchi, cinesi o russi, brasiliani o indiani, che acquisteranno una Ferrari o una Lamborghini, dovrebbe, almeno idealmente se non concretamente, trovare nel bagagliaio delle loro supercar italiane un “pacchetto” fatto anche di vini pregiati e unici, di buon cibo salutare e genuino, della cucina più apprezzata del mondo, della moda più celebrata dei cinque continenti, delle città d’arte più belle del mondo e dei paesaggi più apprezzati del pianeta. Sinergie da fantascienza? Forse sì, ma sarebbe il caso di cominciare a pensarci.
Cultura e paesaggio separati in casa. Ma se i piemontesi sono litigiosi in campo wine&food non sono da meno in ambito culturale. C’è un progetto di candidatura Unesco per i paesaggi vitivinicoli piemontesi. Tutto è partito da Canelli. Ora si è allargato a Monferrato, Langhe e Roero. Se ne parla da dieci anni. E le liti, anche recentemente, tra i capponi di Renzo non sono mancate. Ci sono sindaci che hanno snobbato il progetto o che ne avrebbero voluto l’esclusiva. Ora si guarda all’Expo 2015 di Milano come ad una panacea. Non sarà così. Ma una vetrina, quello sì che lo sarà. Presentarsi al meglio e dare l’impressione di essere un team affiatato sarebbe d’aiuto. E tornando in ambito di vino proprio su SdP un famoso produttore tempo fa lanciò una provocazione dicendo che il Piemonte era l’unica eno-regione europea e mondiale dove il vino era quasi invisibile. Purtroppo di invisibile in Piemonte non c’è solo il vino. È scomparso anche l’orgoglio di una terra che ha eccellenze indiscutibili e che non si valorizzano solo con un servizio tv, una pagina di giornale, una sagra o una festa di piazza. Ci vuole fede, determinazione, sacrificio e umiltà, l’umiltà, per esempio, di ammettere errori e arroganze. Merce rara nel Belpaese. Buon 2014 Piemonte, buon 2014 Italia.
Filippo Larganà (filippo.largana@libero.it)
Ho letto con interesse tutta questa diatriba (l’ennesima) sul Moscato. Mi domando spesso cosa succederebbe se i vini prodotti con questa uva non trovassero più ottimi sbocchi commerciali (come in effetti tutto sommato avviene in epoca di crisi economica spaventosa e non solo italica) assicurando ai vignaioli entrate dignitose e che molte altre uve si sognano……..forse vi sparereste da un aia all’altra come si faceva neppure troppi anni fa per un diritto di passaggio o anche meno? Come dice Bosco, passdaran mai domo in materia, buon Moscato a tutti!
Comunque caro Vola Bosco è un leader eccome……
non credo che la mia generazione mieterà più successi, anzi non vedo un futuro tanto roseo, però non voglio crogiolarmi nell’idea che tanto le cose non si possono cambiare. Per il nervoso io mi rodo il fegato, ma non voglio invecchiare con il rimorso di non aver lottato per provare a cambiare le cose. per una volta sono d’accordo con filippo, la voce di contadina verace è davvero interessante, ma il mio intervento è dovuto al fatto che mi sono sentito chiamato in causa, poichè sono un consigliere CTM ma non sono assolutamente muto e, ahimè, ancor meno angelo. E poi mi ha irritato il fatto che abbiamo organizzato quella serata per creare un confronto, nessuno è intervenuto e poi mi trovo questi commenti appassionati..neanche a me non è piaciuta quella serata, ma proprio per la passività dimostrata dalle persone..capisco la tua delusione contadina, pur non avendo vissuto direttamente quei momenti ogni anno, ogni paritetica, ogni riunione è una continua delusione, a volte mi viene la tentazione di disinteressarmi completamente della “politica” del moscato, ma perchè? ne coldiretti, ne cia, ne unione agricoltura e ancor meno Agrinsieme fanno i miei interessi, quindi se non lotto io e mi disinteresso come posso poi lamentarmi del mancato reddito o delle decisione prese da terzi? usando termini obsoleti e sinistroidi mi verrebbe da dire che il contadino non ha ancora sviluppato una “coscienza di classe”, gli manca un pò di cultura e spirito critico e il lavoro del CTM e del suo presidente, che nessuno ritiene essere un leader indiscusso, è proprio quello di informare e dare alle persone gli strumenti per riflettere, e non di imporre un pensiero unico..
@ Contadina. Non dimenticarTi mai che il CTM è solamente un movimento d’opinione e non ha nessun potere contrattuale, le Tue giuste rivendicazioni devi rivolgerle ad altri . Assomoscato, Agrinsieme, Coldiretti, Cia, Confagricoltura sono le associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali che hanno potere.
Buon Moscato d’Asti Spumante…dei Sorì
giovanni bosco
Intervengo in qualità di moderatore per precisare che Contadina Verace è una delle voci più civili e responsabili che SdP abbia mai ospitato negli ultimi anni, sia sul tema Moscato che su altri argomenti. Ed ella non reca assolutamente alcun fastidio, anzi, ha contribuito molto più di altri, anche di alcuni che a cadenza più o meno annuale occupano le pagine dei media, ad avviare un dibattito sereno e costruttivo sul futuro del moscato. A tutti ricordo che questa piazza virtuale è aperta a ogni intervento, purché nel rispetto delle libertà altrui, liberi di dissentire, magari aspramente, ma civilmente, anche in forma anonima, se si crede.
@Bosco: se mi avessi rivolto una pacata paternale ne sarei rimasta basita. Cercavo delle conferme e me le hai date.
Il tuo intervento si commenta da solo, dall’inizio alla fine.
Sono contadina fino al midollo
@Luca: sento di doverti delle scuse e qualche spiegazione. Era mia intenzione provocare, non offendere, con lo scopo di indurre qualche persona a porsi in discussione, a farsi qualche domanda in più ed a elaborare ragionamenti in proprio, perché troppo spesso sento riciclare le frasi di chi grida più forte, indipendentemente che a gridare sia Bosco o l’oratore della piazza al mercato.
Non ho sentito il tuo intervento nell’incontro di S Stef., me ne sono andata prima perché, lapidatemi pure, proprio nn mi è piaciuto.
Hai ragione, è semplice sputare sentenze su di un blog, ancor più se in forma anonima…un click e te ne tiri fuori. Proverò a spiegarti la mia scelta.
Giovane e idealista, iniziai a collaborare con i cobas del moscato fiduciosa che le cose sarebbero cambiate. Sembravamo esser pronti a dare battaglia anche a costo di tenerci l’uva in vigna. Professavamo la forza di un gruppo compatto, i produttori di uve, protestando a pieni polmoni contro la vinificazione degli esuberi. Quante belle parole, ci credevo veramente!
Intanto si continuava ad andare in paritetica con un pugno di aria fritta come merce di scambio.
Per anni mi sono buttata a pesce nelle più svariate discussioni perorando, a spada tratta, la causa del moscato; più mi infervoravo più ne uscivo con lo stomaco contratto Puoi immaginare la mia espressione nel constatare che, nonostante le belle parole, persino i miei compagni di branda “correvano con i viaggi in nero” senza alcun pudore?
In vent’anni nulla è cambiato: la mentalità, le posizioni, i discorsi e, ahimè, la situazione sono ancora tali e quali ad allora. Solo qualche persona in più in fila per la stanza dei bottoni.
Cosa penso del contadino l’ho già esaustivamente illustrato in un precedente intervento proprio su SdP e te lo riassumo descrivendolo come caparbiamente abbarbicato sul suo miope individualismo, geneticamente incapace di fare squadra seppur conscio di agire contro il suo stesso interesse.
Ormai ho accettato che le solide basi di questa mentalità nn vengono scalfite neppure dall’ariete più potente. Quindi ho maturato la decisione che nn mi sarei più fatta trascinare in estenuanti, lunghe e svilenti discussioni sul moscato.
Ma madama Utopia nn è del tutto sopita in me e ogni tanto mi induce nella tentazione di dire la mia proprio su questo blog. Su di un blog leggi, apprendi, ti confronti, commenti…con l’unica spesa di pochi minuti; quando l’aria diventa pesante chiudi e te ne vai. L’anonimato mi garantisce la tranquillità di nn dover portare avanti gli stessi discorsi anche per la strada con inevitabile tritamento di maroni!
Queste sono le mie condizioni; se reco fastidio sono pronta a tirare i remi in barca anche da SdP.
Ti auguro, sinceramente, che la tua generazione mieta più successi della mia.
mi ha fatto molto piacere leggere tutti questi interventi, così appassionati e divergenti, ma mi fa anche molta tristezza leggere dei commenti piuttosto duri di qualcuno che si nasconde dietro a uno pseudonimo e quando poteva intervenire pubblicamente non l ha fatto. la tecnologia ha portato dei grandi progressi ma è troppo facile nascondersi dietro a un monitor. la serata sul Moscato D Asti Spumante a S. Stefano, nonostante presentasse dei notevoli limiti, era un’occasione di confronto. perchè tranne il sottoscritto, quasi nessuno del pubblico è intervenuto per esprimere ciò che pensava? e trovo di pessimo gusto e inopportune le definizioni di angeli muti e leader. personalmente non ho mai problemi a rendere pubblico ciò che penso, è sempre un’occasione di confronto e di crescita personale e professionale. E, se posso ancora esprimere un’opinione personale, preferisco chi, pur sbagliando, prende delle iniziative e propone delle idee e le condivide con gli altri, perchè solo con le critiche sui blog mi spiace ma non andiamo da nessuna parte..proprio non mi capacito del fatto che queste interessanti opinioni non siano uscite in quella fatidica serata, contribuendo così a movimentare e migliorare la qualità del dibattito
@Alessandro quando parlo di qualità parlo sempre di qualità dell’Asti Spumante fatto dalle industrie, mai del Moscato d’Asti o dell’Asti Spumante fatto dai “piccoli produttori”; lì è un’altra parrocchia e chi mi conosce sa benissimo che non parlerei mai male di questi Grandi del Moscato, dove la qualità la fanno non solo nella vigna e nella cantina, ma anche nel comportamento sui mercati internazionali.
giovanni bosco
@Giovanni Bosco
Gentilissimo Sig. Bosco, non entro nel merito del Moscato d’Asti Spumante per il quale sono totalmente contrario.
Vorrei ricordarle che la qualità si fa in VIGNA e mai in cantina. L’enologo o l’enotecnico nella più rosea delle aspettative può solo mantenere ciò che di buono la vigna produce, ma nella stragrande maggioranza dei casi la peggiora. Con uve pessime non si faranno mai vini buoni e questo è uno dei motivi per cui sono contro ad un prezzo dell’uva imposto per decreto… Ma questo è tutto un altro discorso…
@ produttore di moscato: Della questione dei sorì ne parleremo quando grazie all’abbandono dei sorì dovrete pagare fior di milioni per togliere le frane che ci saranno sulle nostre, sue strade. Per quanto riguarda il Moscato d’Asti Spumante ne riparleremo quando gli organi preposti faranno controlli seri sulla pressione dei vari Moscati d’Asti in commercio. A buon intenditore poche parole.
Buon Moscato d’Asti Spumante…dei Sorì
giovanni bosco
“Se un uomo non è disposto a lottare per le proprie idee, o non valgono nulla le sue idee o non vale nulla lui” così Ezra Pound e io agiungo: senza nascondersi dietro un dito…Il Consiglio Direttivo di Assomoscato di Giovanni Satragno e la Cia di Cuneo zona Moscato del nuovo presidente Filippo Molinari hanno deliberato di chiedere al Consorzio di tutela la nuova denominazione “Moscato d’Asti Spumante”: Gente che ci mette la faccia.
Buon Moscato d’Asti Spumante dei… Sorì
giovanni bosco
presidente CTM
caro sig. Bosco le scrivo perché mi pare davvero imbarazzante questo suo commento, così sprezzante e sicuro di sè… ecco, io lavoro in una delle 50 cantine (una delle prime 50 cantine imbottigliatrici di Moscato d’Asti) ad essere state consultate dal Consorzio dell’Asti (in maniera tra l’altro molto corretta da parte del direttivo) sull’eventualità di una nuova docg, e una delle 41 tra queste che ha risposto, NO GRAZIE, mentre solamente 7 hanno dato esito positivo e due non hanno rilasciato dichiarazione… dunque, lei potrà anche essere un conoscitore del mondo del moscato… ma forse a conoscere il mondo del commercio siamo noi che tutti i giorni ci confrontiamo con le difficoltà nel vendere e le rispondo in un modo così duro solamente per controbattere alle critiche che lei ha mosso a tante ditte serie, che a suo parere vendono sottocosto e producono solo vino scadente… ecco a nome di queste aziende non mi resta che ringraziarla per i “complimenti”, e le rivolgo le mie congratulazioni per tutti i progetti portati a buon fine, tra cui l’ultimo, che ritengo inutile, sul moscato dei suri… un prodotto inesistente, non recepito da NESSUNO, né dalle cantine, né dal consumatore… nessuno, ma che in compenso a creato un bel pò di malcontento tra gli agricoltori…
Un sentito grazie
Solo una puntualizzazione: non abbiamo motivo per sospettare che Contadina Verace non sia quello che dice di essere, Di certo presenta tesi, assolutamente lecite, sempre in modo educato e mai offensivo. La stessa cosa, in questi anni, non possiamo dire di altre personalità del mondo del moscato che ancora oggi, per sostenere le proprie idee, si affidano alla denigrazione e all’aggressione verbale di chi non la pensa come loro. Non è il caso di Giovanni Bosco i cui interventi, infatti, trovano spazio da tempo su questo blog. Quanto alla qualifica, caro Giovanni, cambierebbe se Contadina fosse Contadino o giornalista o assicuratore o enologo o direttore di Consorzio o presidente di associazione di categoria o manager di azienda vinicola o sindaco di un Comune del Moscato o parlamentare o consigliere regionale o provinciale? No, non cambierebbe nulla perché gli interrogativi restano validi, da qualsiasi parte arrivino. E impongono che, ognuno secondo la propria coscienza, trovi risposte da condividere o meno, facendo scattare almeno una riflessione, mettendo in discussione, lontano da dogmi, le proprie “certezze incrollabili”.
Cara Contadina, ma sei proprio contadina? Da come scrivi mi sembri tutt’altro che contadina. Dovresti sapere che la qualità innanzitutto si fa nelle cantine e fin quando l’industria da questo orecchio non ci sente la qualità va a farsi benedire. Io che son figlio di contadini e ex dirigente di una di un’industria sono molto pratico.
Per quando riguarda il Moscato Spumante che si trova sugli scaffali, alcune ditte ne hanno di ben 15 tipi diversi, viene fatto con i superi della docg, quel 20% che i contadini come Te consegnano a 3,5 euro al miria. Il Moscato d’Asti Spumante servirebbe a fare chiarezza in questo caos di moscati spumanti. Ricordiamo che nel mondo è scoppiata la Moscatomania e non l’Astimania. L’Asti ha un suo mercato, come ho già scritto, grazie ai marchi storici e alle bottiglie vendute a prezzi stracciati dalle altre industrie…e sta perdendo sempre quote di mercato. Credo che ce la faremo ad avere la nuova docg.Come ce l’abbiamo fatta a far nascere i piccoli produttori di Moscato d’Asti negli anni settanta, come ce l’abbiamo fatta negli anni ’90 ad ottenere la docg anche per il Moscato d’Asti, come a fine secolo siamo riusciti a cambiare i vertici dell’Assomoscato e nel 2000 a far nascere l’Associazione dei comuni del moscato e ultimamente a sollevare il problema dei sorì. Scommettiamo?
giovanni bosco
presidente CTM
Resta di stucco è un barbatrucco! Da quando i produttori di uve moscato decidono o esprimono opinioni proprie? Normalmente o vanno dietro chiunque agiti uno specchietto x le allodole o si limitano a rimasticare altrui frasi …anke vecchie di 20 anni!(ovviamente salvo le dovute eccezioni)
Permettetemi di esprimere il mio dissenso in merito al M d’A Spumante. Altra benzina sul fuoco della confusione. Abbiamo Asti e M d’Asti: su questi dobbiamo puntare e su questi è ora di fare qualità e promozione proficua. Ma di “qualità” nn ho sentito nemmeno fare un accenno durante la sua adunata shock in quei di S Stefano. Nemmeno troppo stupita quanto semmai rammaricata dal suo modo di impostare il lancio della sua nuova idea: prendiamo il mosc. d’Asti spumante e lo lanciamo a bracciate sugli scaffali! Quasi facevano tenerezza Bosticco e Tablino a insistere su qualità, identificazione, legame cn il territorio e target dell’eventuale nuovo prodotto; più loro insistevano più lei li ignorava.
Il resto degli oratori mi sono sembrati più accondiscendenti che realmente convinti dell’utilità di arricchire l’offerta con un nuovo lancio. Proprio un incontro interessante: praticamente un monologo, qualche spazio doverosamente lasciato agli intervenuti, l’introduzione storica sì lunga e dettagliata da risultare fuori luogo in quel contesto e, naturalmente, non potevano mancare gli angeli muti a fare da cornice ad un leader che comincia a sembrarmi un po’ troppo concentrato su sé stesso.
Ah! Normalmente gli spumantelli presenti sui banchi dei supermercati io, da consumatrice, li ignoro con risolutezza ma se avessi un minimo di influenza nel “gioco del mercato” indirizzerei le mie energie a far sì che vengano eliminati …al contrario il CTM sembra volerli legittimare.
Ben tornato Filippo e auguri per il 2014. Detto questo devo come sempre fare il bastian contrario. A me non sono mai piaciute le divise, io credo che più prodotti anche con lo stesso nome, con differenze territoriali, è meglio che averne uno solo. Avendo in gioventù diretto un azienda vitivinicola Te lo potrei benissimo dimostrare. Per quanto riguarda il Moscato d’Asti Spumante vorrei solo farTi notare che nel mese di dicembre nei supermercati accanto al Moscato d’Asti tappo raso docg campeggiavano le bottiglie di Moscato Spumante fatto con i superi della docg, ed in alcuni casi con prezzi superiore all’Asti Spumante. Io credo che il Moscato d’Asti Spumante non solo non creerà confusione, ma farà chiarezza. Noi del CTM la pensiamo così, ma a noi si stanno aggiundendo l’Assomoscato, la Cia di Cuneo e parecchie Cantine Sociali. Presto chiederemo un “pubblica audizione”Cosa pensi che decideranno i produttori di uva moscato? Nel 1993 quella del Moscato d’Asti docg l’abbiamo vinta e quest’anno senza quella vittoria le rese sarebbero state 70 q.li per ettaro e non 95 q.li. Chiamatele guerre, chiamatele discussioni, ma fin quando i risultati ci daranno ragione noi del CTM continueremo così.
Ogni zona ha l’economia che si merita in base alla fantasia, l’intraprendenza e un pò di fortuna delle donne e degli uomi che ci abitano.
Buon Moscato d’Asti Spumante…dei Sorì
giovanni bosco
presidente C.T.M.
@adriano: riassumo la mia tristezza di condividere queste meravigliose colline con troppi inetti, ignoranti e campanilisti con un piccolo aneddoto: mi capita spesso di parlare con ragazzi della mia età (25-30 anni) anche loro enologi come me e dunque, si spererebbe, acuti abbastanza da capire che ogni affermazione, ogni tesi va convalidata da chiare motivazioni… questo in teoria… in realtà mi capita di sentire litigi, sì proprio così, veri e propri litigi tra chi sostiene che il miglior moscato è a valdivilla, altri che no, non è vero a castiglione è il meglio del mondo e via discorrendo… e quando certi temi escono fuori, mi zittisco e lascio che gli altri parlino; come diceva quel vecchio detto “è meglio stare in silenzio e sembrare stupidi, che aprire bocca e sciogliere ogni dubbio”
Ho letto con attenzione e condiviso integralmente, per cui evito noiose ripetizioni…..tuttavia queste analisi mi provocano un certo sconforto, per altro affatto nuovo ma che dura da quasi quarant’anni…..il provincialismo negletto dei piemontesi “vinicoli” continua ad imperare……ma temo che non cambierà mai,,,,,